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LEGGE N. 241 DEL 1990 - PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E DIRITTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI - FOIA - LA NUOVA CONFERENZA DEI SERVIZI - SILENZIO-ASSENSO TRA PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI





IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

1. I CONTENUTI DELLA LEGGE N. 241 DEL 1990

La Legge 7 agosto 1990, n . 241 pone regole e principi completamente nuovi rispetto a precedenti indirizzi secondo i quali la riservatezza dell'azione amministrativa era diventata la regola.
Si tratta di una legge di organizzazione che si affida, oltre che alle tradizionali formule giuridiche, alla capacità della Pubblica Amministrazione di adeguare il proprio ordinamento e di acquisire una nuova cultura amministrativa, ponendo su basi diverse l'antico rapporto di sostanziale subordinazione del cittadino rispetto alla Pubblica Amministrazione.

La Legge n. 241/1990 è sostanzialmente divisa in due parti: l'una concerne il procedimento amministrativo, l'altra il diritto di accesso ai documenti amministrativi.

Sono almeno cinque le novità ed i principali adempimenti introdotti dalla legge in esame:
1) l'imposizione all'Amministrazione dell'obbligo generalizzato di individuare i tipi di procedimento amministrativo e di renderli pubblici con i mezzi più opportuni;
2) l'introduzione della figura del responsabile amministrativo;
3) l'obbligo della comunicazione all'interessato dell'avvio del procedimento;
4) la predeterminazione e la pubblicazione da parte dell'amministrazione dei criteri e delle modalità per la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici;
5) l'introduzione della conferenza dei servizi.


2. IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Il procedimento amministrativo è una sequenza di atti amministrativi orientati all'emanazione di un atto finale, il provvedimento amministrativo, che è atto a rilevanza esterna e caratterizzato da autoritarietà e, talvolta, da esecutorietà.
Il procedimento amministrativo definisce l'azione dell'amministrazione pubblica e la vincola al rispetto di regole preordinate, caratteristica generale dei moderni ordinamenti.

Il procedimento amministrativo può essere diviso in fasi:
- fase dell'iniziativa,
- fase istruttoria,
- fase decisoria o Costitutiva,
- fase integrativa dell'efficacia.

La fase dell'iniziativa è quella in cui viene avviato il procedimento.
L'avvio può essere deciso dallo stesso organo competente ad adottare l'atto terminale (avvio d'ufficio) o essere conseguenza di un atto d'impulso, che può provenire da un privato (istanza) o da un altro organo pubblico (richiesta, detta proposta quando, oltre a chiedere l'avvio del procedimento, indica anche il contenuto del suo atto terminale).

La fase istruttoria comprende le attività volte alla ricognizione e alla valutazione degli elementi rilevanti per la decisione finale. È questa la fase che presenta maggior variabilità secondo la natura del procedimento.
Nella fase istruttoria l'organo competente (detto organo attivo) può acquisire il giudizio di un altro organo, di solito collegiale (detto organo consultivo), per decidere con cognizione di causa. L'atto con il quale viene manifestato tale giudizio è detto parere, che può essere:
- facoltativo, se l'organo attivo non è tenuto a chiederlo;
- obbligatorio, se l'organo attivo è tenuto a chiederlo ma non a decidere in conformità ad esso;
- vincolante, se l'organo attivo è tenuto a chiederlo e a decidere in conformità ad esso
.

Durante la fase costitutiva l'organo competente, sulla base delle risultanze dell'istruttoria, assume la sua decisione e adotta l'atto terminale.
Quest'ultimo, al termine della fase costitutiva, è perfetto ma non necessariamente efficace, ossia in grado di produrre i suoi effetti.

La fase integrativa dell'efficacia comprende gli eventuali atti e operazioni, successivi all'adozione dell'atto terminale, necessari affichè questo divenga efficace.


2.1. I principi dell'azione amministrativa e del procedimento

La norma fondamentale in materia di organizzazione dell'azione amministrativa risiede nell'art. 97 della Costituzione, il quale recita che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.
Tale disposizione viene riassunta in dottrina e in giusrisprudenza nel criterio supremo della ragionevolezza dell'azione amministrativa.

La legge n. 241/1990, nel dettare le regole del procedimento amministrativo, fa propri i principi costituzionali di buon andamento e imparzialità e vi aggiunge gli ulteriori criteri della economicità, efficacia, efficienza, pubblicità, trasparenza.

La normativa dettata dalla legge n. 241/1990, in armonia con l'art. 97 della Costituzione, fissa regole generale ispirate ai seguenti principi:
- Principio del giusto procedimento, comprendente il diritto di partecipazione degli interessati, l'identificazione preventiva dell'ufficio e del responsabile del procedimento e il diritto di accesso ai documenti gli interessati;
- Principio di semplificazione volto a snellire e rendere più celere il procedimento.


2.2. La conclusione del procedimento amministrativo

Secondo quanto disposto dall'art. 2, comma 1, della L. n. 241/1990, così come da ultimo sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. b) della legge 18 giugno 2009, n. 69, "Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso".
Il principio ricavabile dal disposto di cui all’art. 2 della L. n. 241/1990 si incentra nel dovere della P.A. di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento finale, sia nell’ipotesi in cui il procedimento sia conseguente ad un’istanza del privato cittadino, sia nel caso in cui detto procedimento debba essere iniziato d’ufficio.


2.3. Termine di conclusione del procedimento

Secondo quanto disposto dall'art. 2, comma 2, della L. n. 241/1990, così come da ultimo sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. b) della legge 18 giugno 2009, n. 69, "Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni".

Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali.
Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza.

Secondo quanto disposto dall'art. 2-bis della L. n. 241/1990, introdotto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, "Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento."< br>
La legge n. 69 del 2009 ha introdotto una importante novità: i termini fissati dalle amministrazioni non possono, in via generale, essere superiori a novanta giorni. La legge, tuttavia, consente di fissare termini superiori a novanta giorni, ma comunque non superiori a centottanta giorni, al fine di tener conto di particolari situazioni, sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della complessità del procedimento.
In sede di prima applicazione, il termine per l'adozione dei succitati regolamenti e' stato fissato dall'art. 7, comma 3, della legge n. 69 del 2009 in un anno dall'entrata in vigore della legge, vale a dire, entro il 4 luglio 2010.

In prossimità di tale scadenza, il Ministero per la Pubblica Amministrazione el'Innovazione e il Ministro per la semplificazione amministrativa hanno emanato la Circolare 4 luglio 2010, nella quale vengono forniti alcuni chiamimenti interpretativi su tale argomento.

-Si riporta il testo della circolare:
. Presidenza del Consiglio dei Ministri - Circolare 4 luglio 2010: Attuazione dell'articolo 7 della legge 18 giugno 2009, n. 69.


3. Art. 10-bis L. n. 241/1990 - Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza

Secondo quanto stabilito dall’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, introdotto dall’art. 6, comma 1, della legge 11 febbraio 2005, n. 15, nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, deve comunicare tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda.
In base a tale disposizione, le Amministrazioni pubbliche, prima dell’adozione del provvedimento finale, sono tenute a comunicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche, che impediscono l’ accoglimento dell’ istanza ovvero l’ accoglimento parziale della medesima.
Tale fase endoprocedimentale, che riguarda i provvedimenti ad istanza di parte e quelli a contenuto negativo, costituisce una ulteriore fase partecipativa, tesa a valorizzare il procedimento come effettivo luogo di acquisizione degli interessi e di riduzione del contenzioso.

A tale proposito citiamo la recente Circolare del Ministero dell’Interno (n. 5/2006 del 24 febbraio 2006), relativa all' applicazione dell' art. 10-bis della legge 241/90 ai procedimenti anagrafici.
La Direzione Centrale per i Servizi Demografici sottolinea l' importanza del nuovo istituto, la cui corretta applicazione potrà, da un lato, risultare di grande utilità nella fase istruttoria del procedimento anagrafico, e, dall' altro, determinare una deflazione del contenzioso.

- Si riporta il testo della circolare:
. Ministero dell'Interno - Circolare n. 5/2006 del 24 febbraio 2006: Applicazione dell' art. 10-bis della legge 241/90 ai procedimenti anagrafici.


IL DIRITTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI

1. IL DIRITTO DI ACCESSO

Il diritto di accesso ai documenti amministrativi è un diritto riconosciuto al cittadino in funzione dei rapporti con lo Stato e la Pubblica amministrazione, al fine, in particolare di garantire la trasparenza di quest'ultima.
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, previsto dal Capo V della legge n. 241 (artt. dal 22 al 28), si lega quindi sia ad esigenze di tutela del singolo (il "diritto" è riconosciuto per salvaguardare posizioni giuridicamente rilevanti che preesistono, quali "diritti soggettivi" ed "interessi legittimi", e che attraverso l'accesso vengono salvaguardati), che a finalità di interesse generale come è ben manifestato nella originaria dizione dell'art. 22 della legge che riconosceva il diritto di accesso al fine di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa.


1.1. Il diritto di accesso dopo la legge n. 15/2005

La legge 11 febbraio 2005 n. 15, innovando profondamente la legge generale sul procedimento amministrativo (legge n. 241/1990), ha dettato una disciplina più organica e completa in materia di accesso ai documenti, disciplinato dal Capo V agli artt. 22 e seg.
L’art. 22, come novellato dalla legge n. 15/2005 alla lett. a) del comma 1, si preoccupa, a differenza della normativa precedente, di definire il diritto di accesso, inteso come il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia dei documenti amministrativi.

L’oggetto del diritto di accesso è costituito dai documenti amministrativi definiti, dalla lett. d) dell’art. 22 (come novellato dalla legge n. 15/2005), come ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti relativi ad un determinato procedimento detenuti dalla Pubblica Amministrazione.

Il nuovo art. 22, come novellato dalla legge n. 15/2005, dopo aver puntualizzato (lett. a) che il diritto di accesso è il diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi, alla lettera b), individuando l’area dei soggetti interessati, ossia dei possibili titolari del diritto di accesso, afferma che l’interesse deve essere diretto, concreto, attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.


1.1.1. I soggetti obbligati a consentire l'accesso

Il nuovo testo dell'art. 23, come introdotto dal comma 2, del­l'art. 4 della legge n. 265/1999, e non modificato dalla legge n. 15/2005, definisce in modo diverso e più onnicom­prensivo l'ambito dei soggetti nei cui confronti è esercitabile il di­ritto di accesso ai documenti.
Ora, infatti, tale diritto è esercita­bile nei confronti di:
- tutte le pubbliche amministrazioni (non più solo statali);
- nei confronti delle aziende autonome e speciali (in tal modo ricomprendendo espressamente le aziende previste dal­l'art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142);
- degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi
.

1.1.2. Limiti del diritto di accesso

L’art. 24 è stato fortemente innovato dalla legge n. 15/2005 che, dettagliando e specificando in maniera più esaustiva la normativa precedente, ha previsto vari livelli di limitazioni al diritto di accesso.
Un primo livello di limiti è previsto dalla stessa legge stessa.
L’art. 24, al primo comma, esclude il di­ritto per tutti i documenti coperti dal segreto di Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge o dal regolamento governativo di attuazione.
A tali materie, per le quali già il vecchio art. 24 prevedeva l’esclusione del diritto di accesso, la legge n. 15/2005 ha aggiunto nuove materie, onde l’accesso è stato ulteriormente escluso:
- nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano;
- nei confronti delle attività della P.A. dirette all’emanazione di atti normativi, atti amministrativi generali, di programmazione e pianificazione, che restano soggette alla loro disciplina particolare;
- nei procedimenti selettivi, quando vengono in rilievo documenti contenenti informazioni di natura psico-attitudinale relativi a terzi
.

Fuori dalle ipotesi indicate dal nuovo art. 24 comma 1, il nuovo comma 6 dell’art. 24 enuncia la regola di principio secondo cui il diritto di accesso può essere escluso per l'esigenza di salvaguardare:
- la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali;
- la politica monetaria e valutaria;
- l'ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità;
- la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, giuridiche, gruppi, imprese ed associazioni con particolare riferimento agli interessi di natura epistolare, sanitaria, finanziaria, industriale e commerciale;
- l’attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all’espletamento del relativo mandato
.

1.1.3. Procedimento per l'accesso ai documenti

Poiché è riconosciuto agli interessati un "diritto" all'ac­cesso, il relativo procedimento è evidentemente ad istanza dell'in­teressato.
Le modalità di esercizio del diritto di accesso sono disciplinate dai commi 1-4 dell'art. 25, della legge n. 241/90 e dagli artt. 3-7 del D.P.R. n. 352/1992.

La richiesta
L’interessato, per esaminare o estrarre co­pia di documenti, deve formulare una richiesta, formale o informale, ma sempre "motivata", sicché sarebbe legittimo negare l'ac­cesso nel caso di istanze generiche, defatigatorie, del tutto estra­nee alla sfera giuridica del richiedente.

La competenza
La richiesta deve essere presentata all'ufficio dell'amministra­zione, centrale o periferico, competente a formare l'atto conclu­sivo del procedimento o a detenere stabilmente il relativo docu­mento, ma non rileva l'eventuale errore nella presentazione es­sendovi l'obbligo dell'ufficio ricevente di trasmettere la richiesta a quello competente, come pure il richiedente deve essere invitato a riparare all'irregolarità o incompletezza della richiesta, che non può, quindi, essere respinta senz'altro per questa ragione.


2. LE MODALITA’ DI ESERCIZIO DEL DIRITTO DI ACCESSO DOPO IL D.P.R. N. 184 DEL 2006

Con il D.P.R. 10 aprile 2006, n. 184, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2006, sono state disciplinate le modalità di esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi.
Il decreto, che è entrato in vigore il 2 giugno, ha riscritto il D.P.R. n. 352/1992, il quale aveva a sua volta tradotto in pratica i dettami della legge n. 241/1990 in materia di diritto di accesso agli atti amministrativi.
Le Amministrazioni interessate hanno avuto un anno di tempo per adottare i provvedimenti generali organizzatori necessari al corretto esercizio di tale diritto, dandone comunicazione alla "Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi", istituita ai sensi dell'art. 27 della legge n. 241/1990.

Grazie anche alle molte pronunce dei giudici amministrativi, il “diritto di accesso” ha assunto un profilo molto più definito, che il nuovo regolamento va a codificare.
Nel D.P.R. n. 184/2006 viene sottolineato che l'accesso agli atti è esercitatile, da parte di chi abbia un interesse giuridicamente tutelato da difendere, sia nei confronti dei soggetti pubblici sia di quelli di diritto privato, anche se, in quest'ultimo caso, è circoscritto alla loro attività di pubblico interesse.
Il soggetto titolato avrà diritto di visionare i documenti che l'amministrazione, nella sua accezione più ampia, custodisce al momento della richiesta (tranne quelli che la legge stessa indica come inaccessibili), ma non sarà consentito - come la giurisprudenza ha sostenuto più volte - pretendere dagli uffici particolari elaborazioni di dati o chiedere di portar via i documenti.
Gli atti si possono copiare, è possibile prendere appunti o anche, dietro pagamento, avere copie.
Il diritto di accesso può essere esercitato, oltre che dal singolo cittadino, anche dai soggetti portatori di interessi diffusi e collettivi.
L'amministrazione interessata deve rispondere alla richiesta di accesso entro 30 giorni e l'interessato deve avere un tempo congruo - non inferiore a 15 giorni - per prendere visione dei documenti o ottenerne copia.
In caso si rigetto della domanda, è possibile presentare ricorso anche alla Commissione per l'Accesso.
Alle Amministrazioni interessate è demandato il compito di adottare i provvedimenti occorrenti per l'esercizio di tale diritto, entro il termine di un anno, a decorrere dall'entrata in vigore del decreto, e quindi entro il 2 giugno 2007.

. Se vuoi scaricare il testo dei provvedimenti normativi citati, clicca QUI.


LA NUOVA CONFERENZA DEI SERVIZI
LE NOVITA' INTRODOTTE DAL D.LGS. N. 127 DEL 2016

1. PREMESSA - L'istituto della Conferenza dei servizi

La conferenza di servizi è un istituto della legislazione italiana di semplificazione amministrativa dell'attività della pubblica amministrazione della Repubblica Italiana.
L'istituto in passato era previsto, in alcune particolari ipotesi, da leggi speciali: come ad esempio dalla legge 6 dicembre 1962 n. 1643 ed in materia urbanistica, come previsto dall'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616.
L'istituto è stato successivamente disciplinato in via generale dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.
La legge 11 febbraio 2005, n. 15 introdusse poi la possibilità che essa potesse svolgersi con strumenti telematici.

La disciplina della conferenza di servizi è stata poi profondamente riformata dall'art. 49 del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni in legge 30 luglio 2010 n. 122.
Da ultimo, come vedremo nel successivo punto 2, la normativa dettata dagli articoli dal 14 al 14-quinquies della legge n. 241 del 1990, è stata sostituita integralmente dall'art. 1 del D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127, in vigore dal 28 luglio 2016.

Lo scopo di queso istituto è quello di facilitare l'acquisizione, da parte della pubblica amministrazione, di autorizzazioni, atti, licenze, permessi e nulla-osta o di altri elementi comunque denominati, mediante convocazione di apposite riunioni collegiali (cosiddetta conferenza) anche finalizzati all'emissione di un provvedimento amministrativo.
Nelle intenzioni del legislatore essa può essere vista sia come un modulo procedimentale di semplificazione che come uno strumento di coordinamento, diretto a soppesare ed aggregare la pluralità degli interessi coinvolti in un determinato procedimento.
Le determinazioni della conferenza di servizi si sostituiscono alle autorizzazioni finali ed hanno lo scopo di velocizzare la conclusione di un procedimento amministrativo, ad esclusione di concessioni edilizie, permessi di costruire e Denuncia di inizio attività in edilizia.
La sua indizione, al momento, è facoltativa, per acquisire i permessi di costruire.
È prevista per l'autorizzazione di opere in project financing e per la realizzazione delle opere pubbliche.
La conferenza può essere istruttoria (convocata su istanza di parte per progetti di particolare complessità) o decisoria (obbligatoria quando la conclusione del procedimento è subordinata all'ottenimento di più pareri).
Con la riforma introdotta dal D.Lgs. n. 127 del 2016 viene prevista una forma semplificata di conferenza di servizi, da svolgere senza riunioni “fisiche” ma con lo scambio di documenti in via telematica per l'acquisizione dei pareri. Questa diventa la modalità ordinaria.
La conferenza con presenza dei partecipanti («sincrona») scatta solo per progetti complessi o in caso di “fallimento” della conferenza semplificata.


2. LUGLIO 2016 - La Conferenza dei servizi come prevista dal D.Lgs. n. 127 del 2016

E’ stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 13 luglio 2016, il Decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127, recante “Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell'articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124”.
Il decreto – in vigore dal 28 luglio 2016:
- reca la revisione e semplificazione della disciplina generale in materia di conferenza di servizi attraverso una serie di disposizioni che riscrivono e sostituiscono gli articoli da 14 a 14-quinquies della legge n. 241/1990 (art. 1);
- contiene le disposizioni di coordinamento fra la disciplina generale e le varie discipline settoriali della conferenza di servizi, in materia di: edilizia (art. 2); sportello unico per le attività produttive (art. 3); autorizzazione unica ambientale (art. 4); valutazione dello studio di impatto ambientale, autorizzazione integrata ambientale, autorizzazione all'installazione di stabilimenti nuovi, e più in generale norme ambientali contenute nel D.Lgs. n. 152/2006 (art. 5); autorizzazione paesaggistica (art. 6).
Per espressa previsione, la nuova disciplina si applica ai procedimenti avviati successivamente alla data dell’entrata in vigore del decreto.

Il decreto, emanato in attuazione della delega di riforma della Pubblica Amministrazione (legge n. 124/2015), sostituisce integralmente tutta la disciplina della conferenza di servizi ex articoli da 14 a 14-quinquies della legge 241/1990, e mira alla semplificazione nella Pubblica Amministrazione attraverso:
- l’abbattimento dei tempi lunghi attivando la conferenza semplificata, che non prevede riunioni fisiche ma solo l’invio di documenti per via telematica;
- lo svolgimento della conferenza simultanea con riunione (anche telematica) solo quando è strettamente necessaria.

Viene confermata l’individuazione di tre tipi di conferenza di servizi, già in precedenza contemplate dalla legge n. 241/1990. In particolare (articolo 14):
- la conferenza di servizi istruttoria può essere indetta quando l’amministrazione procedente lo ritenga opportuno per effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti nel procedimento o in procedimenti connessi;
- la conferenza di servizi decisoria è sempre indetta quando la conclusione positiva del procedimento è subordinata all’acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta o atti di assenso di diverse amministrazioni;
- la conferenza di servizi preliminare può essere indetta per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi, su richiesta motivata dell’interessato, oppure nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, per verificare quali sono le condizioni per ottenere i necessari assensi.

La nuova disciplina in materia di conferenza di servizi contiene alcuni aspetti effettivamente innovativi, mentre altri aspetti si pongono in linea con la “tradizione” dell’istituto.
Tra i principali aspetti innovativi, vi rientrano senz’altro quelli di seguito riportati:
a) La riduzione dei casi in cui la conferenza di servizi è obbligatoria. Diventa infatti obbligatoria la sola conferenza decisoria che deve essere indetta “quando la conclusione positiva” del procedimento è subordinata all’acquisizione degli atti di assenso delle altre amministrazioni (art. 14, comma 2, della L. n. 241/1990, come introdotto dal D.Lgs. n. 127/2016).
La conferenza di servizi decisoria diventa lo strumento ordinario dell’azione amministrativa nei casi in cui occorre acquisire più pareri, intese, concerti, nulla osta o atti di assenso di diverse amministrazioni. E’ stato infatti eliminato il passaggio procedimentale per cui l’amministrazione procedente doveva rivolgersi a ciascuna delle altre amministrazioni e attendere trenta giorni prima di poter indire, in assenza di risposta o in caso di dissenso, la conferenza.
b) L’introduzione di due distinti, ma non per questo separati, moduli organizzativi consistenti nella conferenza semplificata (art. 14-bis) e nella conferenza simultanea (art. 14-ter). La prima, a carattere necessario e ordinario, è organizzata in modalità asincrona; la seconda, a carattere eventuale ed eccezionale, è strutturata in modalità sincrona, ossia con la partecipazione – presenza fisica – dei rappresentanti delle amministrazioni coinvolte. Non si tratta di due modelli rigorosamente separati, ma tendenzialmente integrabili, dal momento che il secondo costituisce eventuale sviluppo del primo: la conferenza simultanea si innesca infatti per ipotesi complesse qualora, in via originaria o sopravvenuta, si riscontrino particolari difficoltà nel definire la conferenza semplificata.
c) La possibilità di circoscrivere l’obbligo di presenza fisica alle riunioni della conferenza ai soli casi di procedimenti complessi, vale a dire quelli che implicano il coinvolgimento di più uffici della stessa amministrazione o di amministrazioni diverse (art. 14-bis e ter della L. n. 241/1990, come introdotti dal D.Lgs. n. 127/2016).
d) La partecipazione in conferenza di un rappresentante unico per tutte le amministrazioni statali coinvolte (art. 14-ter, comma 4, della L. n. 241/1990, come introdotto dal D.Llgs. n. 127/2016).
e) L’espressa introduzione e la parziale disciplina del potere di autotutela da parte dell’amministrazione che adotta il provvedimento conclusivo della conferenza (art. 14-quater, comma 2, e art. 14-quinquies, della L. n. 241/1990, come introdotti dal D.Lgs. n. 127/2016), laddove la materia era stata in precedenza lasciata al mero intervento giurisprudenziale.
f) Una disciplina fortemente innovativa in merito alle modalità di superamento del dissenso espresso dalle amministrazioni preposte alla tutela di interessi qualificati (tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali della salute dei cittadini), che assume ora la forma di un’opposizione dinnanzi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 14-quinquies, della L. n. 241/1990, come introdotti dal D.Lgs. n. 127/2016).

La conferenza di servizi si svolge in linea di massima in forma semplificata e in modalità asincrona, secondo una tempistica significativamente accelerata rispetto al passato (articolo 14-bis).
Entro cinque giorni lavorativi dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda nei procedimenti a iniziativa di parte, l’amministrazione procedente indice la conferenza trasmettendo mediante posta elettronica alle altre amministrazioni una comunicazione corredata dalla documentazione utile ai fini dell’istruttoria.
Le amministrazioni devono rispondere con un assenso o un dissenso congruamente motivato entro un termine perentorio, non superiore a 45 giorni (90 per le amministrazioni preposte alla tutela di interessi qualificati), fissato dall’amministrazione procedente.
Il silenzio o il dissenso non accompagnato dall’indicazione delle modifiche richieste ai fini dell’assenso equivalgono ad assenso senza condizioni, salvi i casi in cui il diritto UE richiede l’adozione di provvedimenti espressi.
Se non ci sono dissensi o se l’amministrazione procedente ritiene che le modifiche richieste dalle altre amministrazioni ai fini dell’assenso possano essere accolte, viene adottata entro cinque giorni lavorativi la determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza.
Se invece ritiene che i dissensi siano insuperabili, l’amministrazione procedente adotta entro il medesimo termine la determinazione finale negativa, che comporta il rigetto della domanda e nei confronti della quale l’interessato ha diritto di presentare osservazioni.

La conferenza simultanea e in modalità sincrona - ossia con partecipazione contestuale dei rappresentanti delle amministrazioni, ove possibile anche in via telematica – assume una valenza residuale. Essa è prevista infatti (oltre che per i progetti sottoposti a VIA) nei seguenti casi:
- quando in modalità asincrona sono stati espressi dissensi che l’amministrazione procedente ritenga superabili;
- quando si tratta di determinazioni di particolare complessità;
- quando vi è una richiesta motivata di una delle amministrazioni coinvolte o del privato interessato, accolta dall’amministrazione procedente.
In queste ipotesi, fermo restando il rispetto del termine di conclusione del procedimento, i lavori della conferenza si concludono entro massimo 45 giorni dalla data della prima riunione (90 se sono coinvolte amministrazioni preposte alla tutela di interessi qualificati) con l’adozione della determinazione finale sulla base delle posizioni prevalenti; si considera acquisito l’assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni o non abbia espresso la propria posizione o non abbia motivato il dissenso (articolo 14-ter).

Viene rivisto il meccanismo di rappresentanza delle amministrazioni alla conferenza simultanea. Oltre a prevedere, come nel regime precedente, che ciascuna amministrazione partecipa alla riunione attraverso un unico rappresentante legittimato a esprimere in modo vincolante la posizione dell’amministrazione, la legge n. 241/1990 dispone ora che quando alla conferenza partecipano anche amministrazioni non statali le amministrazioni statali sono rappresentate da un unico soggetto, nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per le amministrazioni periferiche, dal Prefetto. Regioni ed enti locali definiscono autonomamente le modalità di designazione dei propri rappresentanti unici.

La determinazione motivata di conclusione della conferenza sostituisce tutti gli atti di assenso di competenza delle varie amministrazioni coinvolte; queste ultime possono sollecitare l’amministrazione procedente ad agire in via di autotutela (articolo 14-quater).

Con riferimento alle modalità per il superamento dei dissensi, la nuova disciplina si caratterizza per l’introduzione di un sistema di opposizione successiva: le amministrazioni preposte alla tutela di interessi qualificati, nonché le Regioni e le Province autonome nelle materie di loro competenza, che abbiano espresso il proprio motivato dissenso in seno alla conferenza, possono presentare opposizione contro la determinazione finale entro dieci giorni dalla sua adozione (articolo 14-quinquies). In tal caso, la Presidenza del Consiglio indice una riunione (seguita eventualmente da una seconda riunione solo se l’opponente è un’amministrazioni regionale o di una provincia autonoma) per cercare una soluzione condivisa, che verrà incorporata in una nuova determinazione dell’amministrazione procedente; in mancanza di intesa, la questione è rimessa al Consiglio dei ministri e posta di norma all’ordine del giorno della prima riunione successiva.
Se il Consiglio dei ministri non accoglie l’opposizione, la determinazione di conclusione della conferenza diviene definitivamente efficace; il Consiglio dei ministri può accogliere parzialmente l’opposizione, modificando il contenuto della determinazione conclusiva della conferenza.

Il Titolo II del decreto legislativo contiene disposizioni di coordinamento delle nuove previsioni della legge n. 241/1990 con le discipline settoriali in tema di conferenza di servizi (rispettivamente T.U edilizia, disposizioni relative al SUAP, disciplina dell’autorizzazione unica ambientale, norme in materia ambientale, disposizioni sull’autorizzazione paesaggistica).
Vengono, infatti, apportate modifiche:
- al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (modificati gli articoli 5 e 20 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) (art. 2);
- alla disciplina dello Sportello unico per le attività produttive (SUAP) (modificato l’art. 7 del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 160) (art. 3);
- alla disciplina dell’Autorizzazione unica ambientale (AIA) (Modificato l’art. 4 del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59) (art. 4);
- alla disciplina in materia ambientale (modificati gli articoli 9, 25, 29-quater e 269 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) (art. 5).

- Si riporta il testo del:
. DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2016, n. 127: Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell'articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124.

- Si riporta il testo della:
. Tabella riportante gli articoli dal 14 al 14-quinquies della L. n. 241 del 1990, prima e dopo le novità introdotte dal D.Lgs. n. 127 del 2016.


3. LUGLIO 2016 - CONFERENZA DI SERVIZI - Dalla Funzione Pubblica una Guida alle novità introdotte dal D.Lgs. n. 127 del 2016

Il 28 Luglio 2016 sono entrate in vigore le disposizioni del D.Lgs. n. 127 del 30 giugno 2016, che ha dettato nuove norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi; norme che hanno come obiettivo quello di garantire regole e tempi certi.
La nuova conferenza di servizi affronta un problema essenziale per i cittadini e le imprese: i tempi delle decisioni pubbliche (ad esempio per la realizzazione di opere) e delle autorizzazioni per le attività d’impresa e per quelle edilizie.
In tutti casi in cui è necessario prendere una decisione che riguarda più amministrazioni ci sarà la nuova conferenza dei servizi, più semplice e veloce, con tempi certi. Le amministrazioni decidono al massimo in 5 mesi.

Il Dipartimento della Funzione Pubblica ha provveduto a elaborare una GUIDA per chi dovrà d’ora in poi applicare le nuove norme, alcune FAQ esplicative e un MINIDOSSIER su cosa cambierà per imprese e cittadini, che affiancherà le slide della riforma.
La fase dell’attuazione è senza dubbio la più impegnativa per assicurare a imprese e cittadini il “taglio dei tempi” delle decisioni pubbliche su opere e autorizzazioni per attività edilizie e di impresa.
E’ inoltre attivo presso il Dipartimento un help desk rivolto a operatori, cittadini e imprese per offrire supporto e informazioni e per raccogliere segnalazioni.
Organizzato in collaborazione con Regioni, ANCI e organizzazioni imprenditoriali, l’help desk sarà operativo dal lunedì al venerdì dalle ore 9.30 alle ore 16,30 al numero 06-68997160 e all’indirizzo mail: help-conferenza@governo.it.

. Se vuoi scaricare il testo della GUIDA, clicca QUI.

. Se vuoi scaricare il testo delle FAQ, clicca QUI.

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4. SETTEMBRE 2017 - CONFERENZA DEI SERVIZI - Dal Ministero dell’Interno gli indirizzi operativi per l’applicazione della nuova normativa e per l’Individuazione della figura del “rappresentante unico”

Il Ministero dell’Interno ha diramato la circolare n. 28 del 5 settembre 2017, avente ad oggetto “Conferenza dei servizi”, con la quale fornisce alcuni indirizzi operativi per l’applicazione della nuova disciplina della conferenza di servizi e per l’individuazione della figura del “Rappresentante unico”.
Nella circolare il Ministero segnala l’opportunità di “sensibilizzare le amministrazioni statali e territoriali in merito all’importanza di una corretta applicazione di questa disciplina al fine di assicurare un’azione amministrativa sempre più efficace e tempestiva”.

Con il Decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 – in vigore dal 28 luglio 2016 – è stata disposta la revisione e semplificazione della disciplina generale in materia di conferenza di servizi e dettate nuove disposizioni di coordinamento fra la disciplina generale e le varie discipline settoriali della conferenza di servizi.
La riforma, in coerenza con i principi e criteri forniti dalla delega, introduce un nuovo modello generale di conferenza di servizi “decisoria”, ossia quella da cui dipende la conclusione positiva del procedimento, poiché consente l’acquisizione di una pluralità di atti di assenso comunque denominati.
La nuova disciplina affronta un tema decisivo per la competitività e lo sviluppo del Paese, quello dei tempi delle decisioni pubbliche e delle autorizzazioni per le attività di impresa.
In particolare, il decreto prevede sul piano dello svolgimento dei lavori, due tipi di conferenza: una “semplificata” (art. 14.-bis) e una “simultanea” (art. 14-ter).
La prima, si svolge in modalità telematica asincrona, tramite il semplice scambio per via telematica di informazioni e di documenti tra i rappresentanti delle amministrazioni interessate al rilascio del provvedimento finale.
La seconda si svolge con modalità sincrona, ossia con la partecipazione “fisica” dei rappresentanti delle amministrazioni coinvolte e viene attivata solo in casi residuali, tassativamente previsti dal legislatore, ossia quando, nell’ambito della conferenza semplificata, siano emersi dissensi per il cui superamento è indispensabile un esame in presenza delle parti interessate, ovvero nei casi di procedure particolarmente complesse.
In merito alle regole decisionali di questo tipo di conferenza, è stata introdotta una delle novità più rilevanti della riforma: l’istituto del Rappresentante unico.
Si prevede, infatti, che la decisione sia assunta dall’amministrazione procedente, sulla base delle posizioni prevalenti espresse da “Rappresentanti unici” delle amministrazioni statali, periferiche e di tutti gli enti e organismi ricompresi nello stesso livello territoriale di governo. Nell’ambito delle amministrazioni statali periferiche spetta al Prefetto l’individuazione e la nomina del rappresentante unico.

L’ambito di operatività del Rappresentante unico riguarda la sola conferenza di servizi simultanea.
Quando alla conferenza di servizi partecipano sia amministrazioni non statali, sia amministrazioni dello Stato (in misura pari o superiore a due), è necessario nominare il “Rappresentante unico statale”.
Secondo quanto previsto dall’articolo 14-ter, comma 4, il potere di nomina è attribuito al Prefetto territorialmente competente nel caso in cui le amministrazioni da rappresentare siano solo amministrazioni periferiche dello Stato o al Presidente del Consiglio dei Ministri qualora siano anche (o solo) amministrazioni centrali.
l ruolo attribuito dal legislatore al Rappresentante unico – sottolinea il Ministero - è quello di “esprimere in modo univoco e vincolante la posizione di tutte le amministrazioni rappresentate. In assenza di una disciplina espressa sul rapporto tra rappresentante e amministrazioni rappresentate, il Rappresentante unico dispone di un ampio margine di autonomia nel bilanciamento degli interessi e nella composizione delle divergenze in funzione di una conclusione positiva del procedimento”.

- Si riporta il testo della circolare:
. MINISTERO DELL'INTERNO - Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse finanziarie e strumentali - Circolare 5 settembre 2017, n. 28, Prot. 0009908: Conferenza di servizi


SILENZIO-ASSENSO TRA PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

1. Il contenuto del nuovo art. 17-bis

L’art. 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’art. 3 della legge 7 agosto 2015, n. 124, recita testualmente:
“1. Nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell'amministrazione procedente. Il termine è interrotto qualora l'amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In tal caso, l'assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.
2. Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi.”
.


2. Il parere del Consiglio di Stato

Con nota del 31 maggio 2016, prot. n. 207/16/UL/P., l’Ufficio legislativo del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione ha trasmesso al Consiglio di Stato un articolato quesito su alcuni problemi applicativi dell’art. 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’art. 3 della legge 7 agosto 2015, n. 124.
Il quesito solleva alcuni dubbi interpretativi che riguardano:
- l’ambito di applicazione soggettivo del nuovo istituto;
- l’ambito di applicazione oggettivo;
- i rapporti con la conferenza di servizi;
- le modalità di formazione del silenzio-assenso e l’esercizio del potere di autotutela dopo la formazione del silenzio-assenso (prima e dopo l’adozione del provvedimento finale).

Il parere del Consiglio di Stato (Comm. Dpec., 13 luglio 2016, n. 1640) risolve alcuni dubbi interpretativi e affronta, altresì, delicate questioni interpretative concernenti anche l’ambito di applicazione oggettivo del nuovo istituto.
l Consiglio di Stato ritiene l’art. 17-bis applicabile anche a: Regioni ed enti locali, Organi politici, Autorità indipendenti, Gestori di beni e servizi pubblici. Per quanto riguarda l’ambito di applicazione oggettivo del nuovo istituto, il Consiglio di Stato affronta le cinque questioni poste dal quesito e che riguardano:
1) l’applicabilità agli atti normativi;
2) l’applicabilità a procedimenti relativi a interessi pubblici primari;
3) il rapporto con gli artt. 16 e 17 legge n. 241/1990;
4) il “bollino” della Ragioneria generale dello Stato;
5) la non applicabilità ai procedimenti ad iniziativa di parte tramite sportello unico.

Altre questioni affrontate riguardano:
- i rapporti tra il nuovo silenzio-assenso e la conferenza di servizi obbligatoria di cui all’articolo 14, comma 2, della stessa legge n. 241 del 1990;
- il meccanismo di formazione del silenzio-assenso;
- la necessità della sottoscrizione dell’autorità concertante;
- il potere di autotutela dell’autorità che non ha reso l’assenso, concerto o nulla osta e nei confronti della quale, quindi, ha operato il silenzio-assenso.

Il Consiglio di Stato ritiene che l’art. 17-bis rivesta – nei rapporti tra amministrazioni pubbliche – una portata generale analoga a quella del nuovo articolo 21-nonies nei rapporti tra amministrazioni e privati.
A tale nuova regola generale, che riforma i rapporti ‘esterni’ dell’amministrazione con i privati, corrisponde – introdotta ad opera dell’art. 17-bis – una seconda regola generale, che pervade i rapporti ‘interni’ tra amministrazioni: quella, appunto, del silenzio-assenso ‘endoprocedimentale’.

Il Consiglio di Stato evidenzia, inoltre, che l’art. 17-bis prevede due meccanismi di semplificazione tra loro collegati:
- da un lato, incide sui tempi dell’azione amministrativa, prevedendo un termine unico di trenta giorni (destinato a prevalere, tranne il caso delle Amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili di cui al comma 3, sui diversi termini previsti dalle vigenti disposizioni) entro il quale l'Amministrazione co-decidente rende l'assenso;
- dall’altro, in un’ottica di stigmatizzazione dell’inerzia, equipara il silenzio all’assenso, consentendo all’Amministrazione procedente di adottare il provvedimento finale.

- Si riporta il testo del parere:
. CONSIGLIO DI STATO - Commissione Speciale - Parere del 13 luglio 2016, n. 1640.


RIFERIMENTI NORMATIVI

. Se vuoi scricare il testo dei provvedimenti normativi riguardanti la semplificazione amministrativa, clicca QUI.


APPROFONDIMENTI E RIFERIMENTI

. Per un approfondimento sulla Riforma della Pubblica Amministrazione (Riforma Madia), cliccate QUI.



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Pubblicato su: 2010-06-25 (84828 letture)

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